Emissione di un francobollo ordinario appartenente alla serie tematica “il Patrimonio artistico e culturale italiano” dedicato ad Alberto Burri, nel centenario della nascita
(Autorizzata con Decreto 10 dicembre 2014 pubblicato nella G.U. n. 8 del 12 gennaio 2015)
Poste Italiane comunica che il Ministero dello Sviluppo Economico ha emesso il giorno 12 marzo2015, un francobollo ordinario appartenente alla serie tematica “il Patrimonio artistico e
culturale italiano” dedicato ad Alberto Burri, nel centenario della nascita, nel valore di € 0,80.
Il francobollo è stampato dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A., in rotocalcografia, su carta bianca, patinata neutra, autoadesiva, non fluorescente; grammatura: 90 g/mq;
supporto:carta bianca, autoadesiva Kraft monosiliconata da 80 g/mq; adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco); formato carta: mm 48 x 40; formato stampa: mm 44
x 36; formato tracciatura: mm 54 x 47; dentellatura: 11 effettuata con fustellatura; colori: quadricromia; tiratura: ottocentomila francobolli; foglio: ventotto esemplari, valore “€
22,40”.
La vignetta riproduce un’opera di Alberto Burri dal titolo “SZ 1” del 1949, esposta a Palazzo
Albizzini in Città di Castello.
(© Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri, Città di Castello – SIAE 2015).
Completano il francobollo le leggende “ALBERTO BURRI 1915 - 1995” e “SZ 1 - 1949”, la scritta
“ITALIA” e il valore “€ 0,80”.
Bozzetto: a cura del Centro Filatelico della Direzione officina Carte Valori e Produzioni
Tradizionali dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A.
Roma, 12 marzo 2015
Quest’anno ricorre il Centenario della nascita di Alberto Burri, un pioniere nell’ambito artistico del secondo dopoguerra.
Nasce a Città di Castello, piccola cittadina umbra al confine con la Toscana, ricca di storia e di testimonianze artistiche create da protagonisti della storia dell’arte Italiana quali Luca
Signorelli, Raffaello, Piero della Francesca, Rosso Fiorentino, solo per citarne alcuni.
Alberto Burri si laurea in medicina, ma il conflitto mondiale e il tempo trascorso in prigionia nel
campo di Hereford in Texas, interrompono un percorso già segnato e danno una sterzata alla sua
vita, imprevedibile, quanto feconda, che lo porta a scoprirsi pittore.
Al rientro in patria, per nulla scontato, il giovane è deciso a votarsi alla pittura. Si trasferisce a Roma dove viene accolto dal cugino della madre, Annibale Bucchi, compositore e primo
violino dell’orchestra S. Cecilia di Roma. Ha così la possibilità di entrare in rapporto con compositori, musicisti e poeti e proprio questi ultimi, prima degli addetti ai lavori,
comprendono la portata innovativa della sua pittura. La sua prima mostra alla Galleria La Margherita di Roma nel 1947 è presentata da Libero de Libero e Leonardo Sinisgalli, due poeti
appunto.
Burri si reca anche a Parigi già nel 1948 dove ‘respira’ l’atmosfera della capitale francese e dove
può apprezzare l’arte di Picasso, Mirò, Klee e di altri protagonisti del momento; dopo una breve,
ma intensa, stagione di ricerca approda ad un suo linguaggio del tutto originale.
Abbandona del tutto il figurativo, con cui ha mosso i suoi primi passi da autodidatta, e assume la materia vile e consunta della sua contemporaneità per comporre le sue opere,
trasformandola, come solo un artista sa fare, in materiale prezioso, donandogli una nuova vita.
Si impone all’attenzione della critica europea con i Catrami e le Muffe. Nel 1950, Christian Zervos, l’esegeta di Picasso lo nota fra i giovani artisti emergenti e ne pubblica un’opera
in Cahier’s d’Art.
Subito dopo con l’introduzione di sacchi di iuta, nelle sue opere diventa difficile, se non impossibile,
sia per lo spettatore che per i critici, capire cosa stia avvenendo. Altri artisti prima di lui avevano introdotto materie estranee al fare pittura tradizionale: i cubisti per superare la
prospettiva classica, i dadaisti per provocare, Burri le impiega invece per ‘dipingere’. Le materie che lui sceglie, e abbandona quando non lo interessano più, sono svariate, dai sacchi
passa al legno, alla plastica, al ferro, al caolino, al cellotex, ma essi non sono il fine bensì il mezzo per creare un’ opera, dove la materia si riscatta divenendo colore, e nella quale
si evidenziano forma e un perfetto equilibrio della stessa, elementi fondanti che Burri eredita dalla grande tradizione pittorica classica.
La storia dell’arte lo fa confluire nell’Informale che non si identifica come scuola o corrente artistica, bensì come espressione dell’angoscia esistenziale che molti artisti,
contemporaneamente nel mondo, esprimono in modi diversi dando un volto al senso di vuoto e di impotenza scatenato nell’umanità dallo scoppio della bomba atomica.
Burri fa rinascere una pittura la cui fine era stata segnata dalle avanguardie e con un linguaggio nuovo ribadisce quei principi per lui irrinunciabili a cui essa deve rispondere, di armonia,
luce, colore e impianto compositivo dal quale non si può togliere o aggiungere nulla.
Di seguito le tappe più importanti della sua carriera.
Nel 1952 partecipa alla XXVI Biennale d’Arte di Venezia con due opere una delle quali Studio per uno strappo viene acquistata da Lucio Fontana membro della Commissione.
Nel 1953 e 1954 si tengono le sue prime personali alla Frumkin Gallery di Chicago e alla Stable di New York.
In America Burri viene considerato il miglior pittore italiano del dopoguerra.
James J. Sweeney direttore del Guggenheim nel 1953 lo invita a partecipare all’esposizione The Younger European Painters al Guggenheim; Capogrossi è il solo altro italiano presente. Nel 54-55
partecipa ad altre collettive itineranti negli Usa.
Nel 1955 viene invitato alla Biennale di S. Paolo del Brasile; In Italia vince il Premio Esso.
Nello stesso anno esce la prima monografia sull’artista pubblicata a Roma da L’obelisco a cura di J.J. Sweeney che lo presenta anche alla VII Quadriennale di Roma e nel 1957 con una
personale al Carnegie Institute di Pittsburgh, poi itinerante in vari musei americani.
Contemporaneamente in Italia Andrè Pierre De Mandiargues cura la prima personale del pittore a Milano, mentre a Bologna è Arcangeli a scrivere per la retrospettiva alla galleria La Loggia.
Alberto Burri vince il III Premio per la pittura alla mostra The 1958 Pittsburgh Bicentenial International Exhibition of Contemporary Painting and Sculpture e l’anno successivo il
Premio Unesco alla V Biennale di S. Paolo del Brasile.
Nel 1958 è ancora il critico americano Sweeney a presentarlo alla XXIX Biennale di Venezia.
L’anno seguente si susseguono mostre personali in gallerie italiane ma anche a Londra; al Musée des Beaux Arts di Bruxelles Giulio Carlo Argan presenta 28 opere di Burri. Paul Wember
a Krefeld e Vienna.
Werner Haftmann lo porta a Documenta II a Kassel.
Nel 1960 vince il Premio Aica alla Biennale di Venezia con la presentazione di Argan.
Nel 1961 a Parigi, dove già nel 1956 Michel Tapiè aveva presentato le sue opere insieme a quelle dello scultore César, alla galleria Rive Droite, Burri espone alla Galleria de France con un
catalogo a cura di Michel Ragon.
Cesare Brandi edita la monografia su Burri per i tipi di Editalia nel 1963.
Nel 1964 Burri vince il Premio Marzotto e l’anno seguente Il Gran Premio per la Pittura all’VIII Biennale di S. Paolo.
Si susseguono dal 1967 al 1971 importanti retrospettive da Darmstadt a Rotterdam, da Torino a Parigi.
Nel 1971 esce la monografia dei Fratelli Fabbri curata da Maurizio Calvesi. Nel 1973 l’Accademia dei Lincei conferisce a Burri il Premio Feltrinelli per la Grafica, che l’artista
devolve per il restauro del ciclo di affreschi del Signorelli a S. Crescentino di Morra un piccolo oratorio nei pressi di Città di Castello.
Nel 1976 una retrospettiva curata da Bruno Mantura e Giovanna De Feo ha luogo alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma che poi itinera a Lisbona e Madrid.
Nel 1977-78 Gerald Nordland cura la retrospettiva delle opere di Burri per il The Frederick S. Wight Art Gallery di Los Angeles che itinera nelle sedi di Marion Koogler McNay Art Institute
di S. Antonio, (TX), Milwaukee Art Museum a Milwaukee, (WI) e infine approda al Solomon R. Guggenheim di New York.
€ 1,00 In vendita presso gli Uffici Postali, gli Sportelli Filatelici del territorio nazionale, gli “Spazio Filatelia” di Roma, Milano, Venezia, Napoli, Trieste, Torino, Genova e online sul sito internet www.poste.it
Nel frattempo Burri matura l’idea di donare tutte le sue opere alla sua città natale e nel 1978 con la stesura del primo statuto e una donazione di trenta opere crea la Fondazione
Palazzo Albizzini Collezione Burri che ha lo scopo di esporre, conservare e promuovere la sua “opera”.
Nel 1981 nel Palazzo Albizzini Burri colloca 130 opere eseguite fra il 1948 e il 1981, oggetto di ulteriore donazione, suddivise fra pitture, sculture, opera grafica e vari progetti per
scenografie, nonché il progetto per l’opera d’arte più estesa al mondo: Il Cretto di Gibellina i cui lavori iniziati nel 1985 e ripresi nel 1987 saranno ultimati proprio in occasione del
Centenario.
Nel frattempo Burri aderisce solo a mostre personali creando opere “site specific” per gli spazi che egli stesso sceglie di volta in volta.
Nel 1989 acquista gli ex seccatoi del tabacco a Città di Castello, imponente ex area industriale, dove l’artista espone i “Cicli” degli ultimi venti anni. Dona ulteriori 128 opere che lui stesso
sceglie e ordina all’interno degli ambienti degli Ex Seccatoi, come aveva già fatto nel Palazzo Albizzini.
Le due sedi della Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri “opera ultima” dell’artista costituiscono
un patrimonio impareggiabile per la cultura portando Città di Castello al centro dell’attenzione
culturale nel mondo.
Prof. Bruno Corà
Presidente della Fondazione Burri