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Il panfilo Elettra

Lo yacht , il cui nome fu Rovenska, venne acquistato all'asta nel 1919 per 21.000 sterline da Guglielmo Marconi che  volle disporre di un mezzo che gli consentisse di effettuare ricerche ed esperimenti nel miglior modo possibile, con notevole facilità di spostamento. Marconi chiamò il panfilo "Elettra", sottoponendolo  a notevoli lavori di risistemazione affichè potesse trasformarsi nel suo insieme, casa e nave-laboratorio.

D'Annunzio la definì "la candida nave che naviga nel miracolo e anima i silenzi eterei del mondo", il panfilo infatti navigò e stupì il mondo per i suoi incredibili esperimenti.  

Nell'aprile del 1920, mentre il panfilo navigava nel golfo di Biscaglia gli ospiti di bordo, grazie alla trasmissione dalla stazione Marconi di Chelmsford, per la prima volta poterono sintonizzarsi per sentire via radio l'orchestra dell'Hotel Savoy di Londra, L'invenzione della valvola termoionica di Fleming, suo collaboratore,  consentì a Marconi infatti la realizzazione della "radio" come oggi la conosciamo. Gli esperimenti proseguirono per raggiungere traguardi ancora più concreti. Marconi non aveva dimestichezza con le formule, la sua era una mente intuitiva e pratica, che lo spingeva a tentare quello che gli accademici ritenevano impossibile: inviare segnali nello spazio tra punti non visibili fra loro.

 

L'Elettra divenne fucina di studio per le migliori applicazioni delle onde hertziane corte e cortissime, consentendo il continuo progresso delle radiocomunicazioni. Nel 1922  svolse una campagna di esperimenti nel Nord America, nel 1923 lungo la costa occidentale dell'Atlantico per sperimentare le ricezioni a distanze sempre maggiori della nuova stazione su onde corte. Marconi dimostrò così che un segnale poteva essere captato ad oltre 4000 chilometri con trasmissione a potenza ridotta: onde di 92 metri con potenza di 6 Kw. Per conto del Governo inglese vennero quindi realizzati i collegamenti radio normali ad uso pubblico tra l'Inghilterra ed i suoi "domini": il Canada (24 ottobre 1926), l'Australia (8 aprile 1927), il Sud Africa (5 luglio 1927), l'India (6 settembre 1927). Gli importanti risultati raggiunti a bordo dell' fruttarono tra l'altro un ricco contratto tra il Governo e la sua Compagnia.

>Il 20 luglio 1937 Guglielmo Marconi morì, lasciando ancora incompiuti i suoi studi, e  la nave-laboratorio fu acquistata per 820.000 lire dal Ministero delle Poste e Telecomunicazioni che ne volle garantire la conservazione.

 

Lo stesso Ministero che a fine '800, guidato dall'on.Pietro Lacava, aveva ignorato e la richiesta di finanziamenti per la sua invenzione del telegrafo senza fili. La lettera non ebbe risposta e venne liquidata dal ministro con la scritta «alla Longara», intendendo il manicomio di via della Lungara a Roma.

 

Nel 1939 il panfilo venne portato nell'Arsenale marittimo di La Spezia per lavori di manutenzione e successivamente nel giugno del 1940 , nell'imminenza dell'entrata in guerra dell'Italia, fu trasferito a Trieste, città considerata sicura da incursioni nemiche. Nel novembre del 1943 il panfilo, requisito dai tedeschi, venne trasformato in nave da guerra ed impiegato in servizio di pattugliamento sulle coste dalmate La mattina del 21 gennaio 1944 nella valle di Diklo, vicino a Zara, i cacciabonbardieri alleati centrarono la nave con le bombe, il suo relitto rimase abbandonato per un lungo periodo, disgregato dalla salsedine e dagli agenti atmosferici.

 

Nel 1948 il governo italiano ne chiese la restituzione da parte della Yugoslavia. Nel 1962 il relitto venne recuperato e trasportato nel porto di Trieste. Passarono ben 10 anni di lungaggini burocratiche prima che si prendesse una decisione sulla sua ricostruzione e il relitto giacque nel cantiere dell’arsenale Triestino-San Marco e fu tenuto a galla solo grazie all’opera dei tecnici e operari che fecero l’impossibile per salvarlo. Nel 1972 ci fu l'annuncio ufficiale da parte dell'allora Ministro delle Poste e Telecomunicazione dello stanziamento di 2 miliardi e 400 milioni per la ricostruzione. All'inizio dei lavori ci si rese conto dello stato dello scafo e si giunse alla conclusione dell'impossibilità nel procedere con il progetto di recupero. Fu studiato un nuovo progetto, ma la somma preventivata di 7 miliardi non poteva essere coperta dallo stanziamento pubblico, così non trovando una soluzione se ne decise la demolizione.
Nel 1977 l'Elettra venne divisa a pezzi. Oggi i suoi pezzi sono sparsi in varie città italiane.

La cabina laboratorio, la dinamo e altri pezzi del panfilo sono presenti nel Museo Storico della Comunicazione.

 

(le fonti storiche sono tratte dal sito del Comitato Gugliemo Marconi)

 

                                                                                         (a cura di Stefano Carbone)

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