Per tutti, agli inizi fu un servizio esclusivo per il capo dello stato, fosse esso il Papa, l'Imperatore, la Signoria repubblicana o il vassallo che aveva ricevuto l’investitura di un dominio. Al servizio di comunicazioni tra capi di stato presto si affiancò quello tra comunità religiose, tra comunità intellettuali quali le Università e tra le comunità commerciali: corporazioni artigiane, banchieri, mercanti. Mentre le autorità maggiori avevano Corrieri propri stipendiati che viaggiando portavano sul petto o al braccio le insegne dei loro signori, le altre ricorrevano a persone che avevano scelto il mestiere del “corriere”. I corrieri aumentarono in misura tale da formare delle Corporazioni e da avere nelle città punti di ritrovo, generalmente le locande, dove i clienti potevano trovare i corrieri specializzati per le diverse destinazioni.
Il Papato essendo l’autorità massima, quella cui pesino l’Imperatore s’inchinava per ricevere l’incoronazione, fu quello che per primo riorganizzò, dopo la fine dell’Impero romano, un servizio di messaggeri. I “cursores” erano persone accuratamente scelte, fidatissime che potevano garantire il segreto dei messaggi che portavano.
I “cursores” e “i maestri di posta” erano corrieri stipendiati dalla Curia per il proprio servizio. Era cosa ben risaputa che questi accettassero lettere dai privati nei loro servizi di viaggio traendone profitto. Per questa ragione con il rescritto di Papa Giulio III del 25 febbraio 1551 si decise di liberalizzare il servizio postale rendendolo pubblico.
Lo sviluppo di Roma e l’importanza del Capo della Chiesa, sia per gli stati italiani che per quelli esteri, provocò l’incremento dei servizi postali.
Ai “cursores” si aggiunsero, quindi, “i maestri” dei corrieri delle signorie italiane e dei principali stati esteri e tutti facevano capo a singole locande “hospitia”, dove alloggiavano e dove i clienti, potevano incontrarli per trattare l’inoltro della propria corrispondenza. L’impianto di stazioni di posta per il cambio dei cavalli sui lunghi percorsi, gestito dalle corporazioni dei corrieri, provocò il declino dei “cursores”. Inoltre, il contemporaneo fiorire delle poste straniere fece sì che i “cursores” si riducessero al servizio postale ufficiale all’interno della Stato Pontificio e a quello dei messaggi di grande importanza della stessa Curia agli altri capi di Stato. La stessa Curia si serviva della posta straniera per l’ordinaria corrispondenza diretta agli altri Stati.
La riorganizzazione delle Poste pontificie
Con la riapertura del Concilio di Trento, il Papa Giulio III, in previsione della necessità di comunicare con i suoi delegati, decise di riorganizzare le Poste pontificie. Vennero esonerati tutti i maestri di posta compresi gli stranieri. Il maestro generale delle Poste venne incaricato di procedere ad una nuova distribuzione dei cavalli, dei corrieri e delle stazioni di cambio collocandole nei punti più adatti del territorio. Il Palmerino doveva recapitare, settimanalmente, a proprie spese recapitare le lettere da Roma a Bologna in quattro giorni e d’estate ed in cinque giorni d’inverno ed era autorizzato a riscuotere, dal mittente o dal destinatario, un carlino per ogni oncia di peso lettera.
Sebbene questo rescritto papale abbia subito per causa politiche notevoli modifiche esso resta assai importante per le seguenti ragioni:
-Segna la fine del servizio postale ad uso esclusivo della Curia e fatto a sue spese; -Istituisce un “ordinario” settimanale tra Roma e Bologna, che poi diventa bisettimanale, attraverso tutto lo Stato Pontificio;
Il Generale delle Poste deve ora ricavare i suoi proventi unicamente dall’esercizio della sua attività e deve, inoltre, obbligarsi a pagare alla Curia un canone fisso.
Il 23 maggio 1555 fu eletto Papa Paolo IV Carafa, il quale acceso rigorista, dinamico, coinvolto nelle guerre europee e sempre desideroso di liberare l’Italia dallo straniero, con al Bolla del 25 aprile 1556, chiuse tutte le Poste Straniere e subordinò le poste pontificie al Presidente della camera Apostolica, cioè la Ministero delle Finanze, nominandolo Governatore e Commissario Generale a vita per le Poste.
Il riordinamento dell’organizzazione postale incontrò subito resistenze così forti che il Papa trovò necessario convalidare la Bolla del 25 aprile con Breve dell’8 luglio 1556 ancora più esteso e più aspro con il quale venivano contestate tutte le obiezioni giuridiche avanzate dalle Poste straniere e specialmente dai veneziani.
In entrambi i documenti è espresso il concetto base e cioè che anche gli altri Principi nei loro Stati osservano la consuetudine per la quale le Poste e i Maestri di Posta da loro, e non da altri, vengono disposti e dipendono.
Il diritto giurisdizionale postale veniva quindi derivato dalla consuetudine.
Sono ormai passati trent’anni da quando il servizio postale e quello per il cambio dei cavalli all’interno dello Stato pontificio è dato in gestione ad un unico appaltatore per periodi determinati contro il pagamento di canoni annui prestabiliti. L’appaltatore denominato Generale delle Poste ha un contratto non “ad beneplacitum” come quello dei Maestri di Posta stranieri, cioè soggetto a rinnovo ad ogni nuovo pontificato, ma per lunghi periodi che presto si stabilizzeranno sui nove anni.
Egli è obbligato a riscuotere dagli utenti solo tariffe concordate con il Governo sia per il trasporto delle lettere sia per il cambio dei cavalli ed a rispettare gli orari per le partenze e gli arrivi dei suoi corrieri.
Nei primi decenni egli non gestiva il collegamento postale e le Stazioni per il cambio dei cavalli su tutti i percorsi che collegavano le città dello Stato, ma soltanto su alcuni itinerari principali lasciando sussistere sui rimanenti l’attività di imprese locali.
Tuttavia, poiché nei bandi veniva stabilita per il Generale la facoltà di affidare il servizio ai suoi delegati nacquero i “subappalti”, le “tenenze” che presto coprirono tutto lo Stato.
Le Stazioni di Posta, che sugli itinerari postali dovevano trovarsi a circa 15 miglia distanti l’una dall’altra, disimpegnavano servizi diversi che aumentarono di numero con il miglioramento delle condizioni sociali e specialmente con la diminuzione delle guerre che ancora dopo il 1551 sconvolsero lo Stato pontificio. Le Stazioni di Posta, specialmente quelle isolate nelle campagne erano la prima preda delle truppe di passaggio che asportavano cavalli, foraggi, carriaggi, senza poi parlare delle bande di disertori e di briganti che sempre infestarono lo Stato.
Le stazioni di posta
Il servizio originale era quello del cambio dei cavalli, ai corrieri ed ai viaggiatori, per cui il termine usato fu quello di “posta dei cavalli”. Con l’istituzione dei maestri di posta della curia prima e poi dal 1551 degli appaltatori detti generali delle poste sia aggiunse il temine “posta delle lettere”. La posta delle lettere era la stazione di posta situata in un centro urbano o all’incrocio con un altro “stradale” dove il corriere depositava il pacco delle lettere confezionato in partenza per una determinata destinazione e ritirava i pacchi di lettere che trovava già confezionati e che doveva lasciare nelle altre stazioni di posta lungo il percorso.
Le stazioni di posta presero, in seguito, il nome di “direzioni postali” e vennero organizzate in modo che servissero tutti i comuni minori formando in tal modo i “circondari postali”.
Nello Stato pontificio, dove le comunità erano molto frazionate, ma tutte con notevole grado di civiltà e tutte con assiduo carteggio epistolare con le autorità provinciali centrali, il servizio pubblico postale ebbe un fortissimo sviluppo. In tal modo si diffuse il sistema, già esistente prima del 1551, di marcare con delle pinze o tenaglie, che portavano incise alle due estremità le iniziali o il distintivo del Maestro di Posta, le lettere in arrivo, in modo da certificare che fossero giunte regolarmente con il servizio di stato. Sono questi i primi bolli postali del mondo.
La stazione di posta di Civitacastellana fu la prima ad usarli nel 1525 poiché era il più importante centro di smistamento della posta a nord di Roma.
Il terzo servizio che si affiancò ai due primi, della “posta dei cavalli” e della “posta delle lettere”, fu quello alberghiero. Le “stazioni di posta” si allargarono prima con osterie e trattorie per il ristoro dei corrieri e dei viaggiatori e poi cominciarono ad usare le vetture per il trasporto sia dei viaggiatori che delle merci e degli effetti postali.
Le “stazioni di posta” che prima del 1551 erano di proprietà dei privati e delle compagnie dei corrieri, nazionali o straniere, passarono sotto un sistema di servizio pubblico esercitato con la tutela dello Stato.
(Pino Barchetta)