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Il Carnevale di Sciacca

Il Carnevale di Sciacca è fra le manifestazioni più conosciute in Italia, oltre che la più antica in Sicilia. Non è una manifestazione che passa inosservata, è una vera e propria perla di tradizione che, nel 2011, ha addirittura ricevuto la Medaglia di Rappresentanza dal Presidente della Repubblica giorgio Napolitano.

La manifestazione gode del Patrocinio del Ministero del turismo, è gemellata con il Carnevale di Salvador de Bajha, con il Carnevale di Misterbianco e Aprilia e richiama ogni anno circa 200.000 visitatori, per non parlare dei testimonial e degli ospiti, tra i più grandi della televisione.

Il Carnevale è una tradizione di notevole importanza per i saccensi e non soltanto per la sua popolarità. Nata come momento di svago è divenuta, nel tempo, rappresentazione delle condizioni civili e politiche della città, sino a diventare una tradizione popolare ricca di significato attraverso cui Sciacca riconosce la propria identità. una volta all’anno Sciacca diventa vero e proprio palcoscenico teatrale. Le strade si colorano, la musica invade l’intera città e fiumi di gente si riversano per le vie ballando e ridendo. Non esistono differenze di cultura, di pelle, di religione, di posizione sociale, per sette giorni non esistono barriere architettoniche di nessun tipo. tutti sono uguali, tutti sono attori, tutti sono ballerini, tutti sono protagonisti e la città si trasforma in un enorme calderone di colori. Per una settimana Sciacca assume un nuovo scenario in cui follia ed allegria contagiano chiunque da grandi a piccini, lasciando impresso nella memoria il ricordo di una manifestazione ai confini tra realtà e fantasia.

È una manifestazione folkloristica essenziale per l’individualità dei cittadini saccensi che, con la loro capacità creativa, hanno saputo potenziarla e spettacolarizzarla, sino a condurla a livelli qualitativi di grande richiamo turistico.

Il primo a parlare di questa grande Manifestazione fu Giuseppe Pitrè nel 1889, il quale accennò l’evento nella sua raccolta intitolata “Biblioteca delle tradizioni Popolari Siciliane”.

In realtà, il Carnevale pone le sue radici in un arco di tempo ben più antico e trova la sua vera essenza nella società e nel pensiero primitivo.

Come qualsiasi altra tradizione popolare dalle origini antiche, anche il Carnevale di Sciacca ha una storia che appare difficile da ricostruire. Ciò che si sa, proviene in maggioranza da testimo- nianze di vita, da documenti orali e oggettivi, da narrazioni di anziani, per cui i ricordi sono sempre più sfumati a causa di una memoria storica che va progressivamente sfaldandosi.

tuttavia, grazie all’aiuto di libri, articoli di vecchia data e a testimonianze da parte di qualche cittadino, si è riusciti a scavare nel passato ed a ricostruire le tappe più importanti, per cui proviamo a fare un tuffo indietro nel tempo e ripercorriamo gli anni che hanno visto nascere e crescere quella che, oggi, è una Manifestazione proiettata in un ampio contesto spettacolare ed arti- stico di interesse Nazionale.

 

Tracce di Storia

Il carnevale è una festa di origine pagana che, in principio, si contrapponeva nettamente a quella cattolica.

L’origine del nome, che ad oggi è ritenuta la più sicura, è quello di “Carnem Levare”, periodo che indicava l’arrivo della Quaresima.

era, appunto, in vista dei 40 giorni di digiuno che si festeggiava il Carnevale. Lo scopo dei cittadini era quello di concedere sfogo alle passioni più istintive dell’animo umano e di mangiare il più possibile, allo scopo di poter affrontare, nel miglior modo, il lungo periodo di purificazione e digiuno.

La festa carnascialesca, sembra essere l’evoluzione di un’altra manifestazione, la quale pone le sue radici nell’epoca romana: la festa dei Saturnali.

Quella dei Saturnali era una festa pagana, tipica dell’Antica Roma. Nacque allo scopo di solennizzare l’uguaglianza regnante sotto Saturno, il quale, scacciato dall’olimpo per mano di giove, si riparò nel Lazio e vi fece fiorire l’età dell’oro, un’epoca felice in cui gli uomini non conosce- vano miseria e servitù.

I Romani utilizzavano questo evento per festeggiare la fine dell’inverno, visto come periodo di sterilità, al fine di avviare un periodo di fecondazione e prosperità.

In principio la durata dei Saturnali era di un giorno, fu l’imperatore Augusto a portarli a tre giorni, mentre Caligola li prolungò a quattro; infine la festività fu estesa a sette giorni, durante i quali si festeggiava il dio Saturno visto come dio della fertilità e dell’abbondanza. Così facendo, i Saturnali divennero feste di rinnovamento, che andavano a propiziare un nuovo periodo di tempo che stava per cominciare.

La festa, coincideva con la sosta dei lavori agricoli che permetteva alla terra di riposare, per cui rappresentava un periodo di liberazione dai lavori e dalle costrizioni della società. Si chiudevano le scuole e i negozi, gli affari venivano sospesi, si aprivano i circhi, si conducevano per la città carri festosi trainati da animali bizzarramente bardati e ci si dava alla pazza gioia, allo scopo di favorire un raccolto abbondante ed un periodo di benessere e felicità per la città. era una settimana di libertà senza limiti, il popolo non rispettava nulla e non imponeva alcun freno alle proprie intemperanze. gli schiavi tornavano liberi per sette giorni, in modo incondizionato, durante i quali avevano il diritto di fare scherzi di qualsiasi tipo ai loro padroni o di rinfacciare vizi e difetti; la plebe si aggirava per le strade e era permesso fare scherzi, giocare a dadi, gridare per le strade ed essere trattati nelle famiglie come amici, si faceva la grazia ai colpevoli e gli amici si scambiavano doni. Con nessun obbligo nella distinzione di classe, durante i Saturnali, qualsiasi persona poteva decidere di essere chiunque volesse ed indossarne i panni.

durante la festa era, inoltre, quasi d’obbligo abbuffarsi. Ci si riuniva in grandi tavolate alle quali partecipavano tutti, dai padroni agli schiavi, e ci si rimpinzava di cibo e bevande, tra risate, danze e oscenità nelle quali aveva modo di sbizzarrirsi la fantasia popolare.

La festa dei Saturnali era anche denominata la “festa dei Pazzi”, perché caratterizzata da uno strano miscuglio tra sacro e profano. In quei giorni, infatti, si commettevano abominevoli profanazioni del luogo sacro, i preti cantavano canzoni oscene giocando a palla, a carte o a dadi, altri ballavano il “can can”, le monache si vestivano da uomo, i diaconi imbandivano gli altari con salsiccia e vino e alla fine dei festeggiamenti salivano sui carretti, completamente nudi, gridando per la città sudicerie.

La conclusione dei Saturnali era segnata dal sacrificio di Saturno che, subito dopo aver detto i propri peccati, veniva arso al fuoco come segno di purificazione e di buon auspicio. Inizialmente, Saturno era impersonato da un uomo che poteva essere un detenuto condannato a morte o, ancora più terribile, un ebreo. esso veniva sacrificato per il bene della collettività. Ben presto, però, il soggetto venne sostituito, utilizzando un fantoccio di paglia confezionato con abiti vecchi.

Il Carnevale, a parte alcune limitazioni nelle follie messe in atto durante la settimana, segue, praticamente, quasi tutti i passi dei Saturnali, compresa la conclusione raffigurata dalla morte del Re del Carnevale.

Quest’ultima può avvenire per rogo, per lapidazione, per decapitazione o per impiccagione. Il sacrificio è seguito da falò, danze e canti, per concludersi con la processione del feretro, accompagnato da una “vecchia” che intona un pianto funebre. La “vecchia”, figura femminile in contrapposizione alla figura del carnevale, rappresenta la Quaresima, spesso indicata come moglie del Carnevale.

I Saturnali, visti i numerosi tratti in comune, furono dunque una sorte di matrice, una fonte da cui il Carnevale avrebbe potuto attingere le proprie radici.

In realtà, la festa carnascialesca in sé, non sarebbe più antica del medioevo. tale ipotesi è sostenuta nelle minuziose opere scritte dal grande raccoglitore e studioso di tradizioni popolari Giuseppe Pitrè. Secondo Pitrè, è proprio al Medioevo che risalgono le rappresentazioni figurative del mondo alla rovescia tipiche del carnevale.

L’età di mezzo, vista come un’epoca di profonda anarchia, fu l’epoca ideale per l’avvento del Carnevale. I contadini, gli sfruttati e gli schiavi, infatti, in questi sette giorni, coglievano l’occasione di insultare i loro padroni, senza nessuna censura, allo scopo di vendicarsi per l’intero anno di sfruttamento. divenivano così protagonisti di una rappresentazione che, al di là di burla e di rivalse dei potenti, era la manifestazione di un dramma, di una condizione dalla quale si poteva uscire solo nel periodo carnascialesco. La possibilità di poter modellare la realtà, in misura dei propri desideri, era ciò che la classe povera sognava, il carnevale, quindi, rappresentava un vero e proprio spazio di libertà dalle gerarchie, dalle classi sociali, dalle discriminazioni, dallo sfruttamento, dal disagio economico, libero da tutto ciò che creava problemi, un periodo di libertà in cui tutto era lecito, fuorché i delitti.

 

Venerando Rapisardi                                    Fabrizio di Paola                                       Salvatore Monte

dirigente Settore turismo                            Sindaco di Sciacca                                 Assessore alla Cultura

 
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