Pur riconoscendo come sia assolutamente necessaria la partecipazione a tali eventi per organismi come la nostra fondazione ProPosta, in realtà sono sempre stato molto più interessato – vorrei dire quasi affascinato – dal ruolo che di fatto tali enti svolgono rispetto alle singole persone che si trovano ad avvicinare.
In questo ruolo sono molto più simili a gruppi o circoli culturali o associazioni che in vario modo aggregano le persone e le indirizzano verso la cultura nelle sue forma più varie. Anche io da ragazzo frequentavo moltissimi luoghi diversi tra loro e cercavo di incontrare persone, avevo una vera sete di conoscenza.
Avevo però necessità che queste mie aspettative trovassero luoghi dove altre persone con la mia stessa aspirazione potessero scambiare le loro idee.
Tra questi luoghi uno dei miei preferiti era un Caffè vicino all’università. All’epoca i libri costavano ancora troppo per gli studenti universitari squattrinati e alle prese con l’affitto e i soldi che non bastavano mai. Le novità o anche i libri di pregio comparivano nelle vetrine irraggiungibili delle librerie, ma alcune copie circolavano tra i tavoli di questo Caffè che frequentavo con i miei amici, un Caffè che non era un semplice Caffè ma uno dei circoli più attivi per la divulgazione culturale fra universitari di città, ma soprattutto di provincia. Non sembri irriverente accostare la nostra Fondazione ad un Caffè, ma voglio dire che la funzione di divulgazione culturale non può essere catalogata in base a criteri accademici o istituzionali, conta che tale funzione venga svolta, una volta sarà un’associazione, altre volte una Fondazione come la nostra, oppure anche un semplice “muretto di quartiere”. In quel Caffè o Bar che dir si voglia, ogni gruppo aveva un tavolo riservato, e ce n’era anche uno per noi che avevamo il “vizio” di libri. Il mio amico Nanni – che studiava legge e mi aveva insegnato un modo originale di navigare nella Bibbia nonché fatto imparare a memoria la conventicola di Giobbe – mi posò un giorno sul tavolo un librone enorme e sentenziò con la sua autorità da vescovo:” questa è l’altra Bibbia”. Si trattava di “Ulisse” di Joyce che – potete immaginare – lessi con grande difficoltà finché interruppi perché non ne potevo più. Fui temerario e l’avvicinamento di allora fu prematuro. Anni dopo – molti anni dopo – mi imposi di rileggerlo sul serio e fu non solo la scoperta di tutto un mondo che non pensavo fosse dentro di me, ma anche un aiuto tecnico immenso per la libertà di linguaggio e nell’uso dei tempi per le strutture dei miei pochi e indegni scritti futuri.
Diverso, ma ugualmente rilevante, fu il ruolo di Attilio – andavamo insieme in parrocchia per conoscere ragazze.
Un giorno si presentò al Caffè con tre libri – era sera, il caldo era opprimente e non si riusciva a dormire. Me ne prestò uno a caso, ridendo mi disse:” ti aiuterà a dormire”.
Quella volta accadde tutto il contrario: non dormii più per diverso tempo con la tranquillità di prima.
Il libro era “La Metamorfosi” di Kafka che aprì una nuova strada per la mia vita – non di scrittore – ma di uomo e fin dalla prima riga: “Un mattino svegliandosi dopo un sonno inquieto Gregor Samsa si ritrovò nel suo letto trasformato in un mostruoso insetto”.
Si trattava di un libro misterioso, il cui percorso era diverso rispetto a quello che avevo conosciuto fino ad allora. Al termine della lettura mi rimase una voglia e un’ansia irresistibile di vivere, e di vivere in quel paradiso altrui. Mi ritrovai in un incantesimo che durò parecchi giorni. Ecco analogamente le iniziative formative e informative della nostra Fondazione si propongono di suscitare nei visitatori e negli appassionati la stessa irresistibile voglia di vivere e di conoscere. A Milano si ammireranno non solo oggetti che rappresentano alcune opere del più alto ingegno umano, che hanno cambiato in meglio la vita di tutti noi, ma anche piccoli oggetti, fotografie e immagini che testimoniano la vita lavorativa quotidiana di tanti semplici uomini e donne che hanno contribuito a diffondere i sentimenti più nobili dell’animo umano quali l’amore, l’amicizia, l’affetto familiare attraverso la lavorazione e consegna della Corrispondenza. Si unisce così alla più alta Umanità – di cui son pieni i libri – la piccola umanità spesso dimenticata dalla storia.
A Milano presso lo stand della Fondazione troverà quindi il suo spazio non solo l’archeologia industriale, il collezionismo, l’innovazione tecnologica degli anni passati ma, attraverso gli oggetti e
le immagini, si respirerà soprattutto il profumo delle tante vite di persone comuni che hanno attraversato il mondo.
Visitando lo stand troverete anche il modo di comunicare con gli addetti della Fondazione presenti sul posto, scambiare informazioni e idee con gli altri visitatori.
Spero soprattutto che con la visita vi proporrete – tornati a casa – di approfondire i temi che avrete affrontato, di fare ricerche su oggetti che avrete ammirato o su periodi storici o personaggi di cui avrete ammirato le opere.
(Maurizio Di Paolo)