fondazione proPosta
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Le collezioni di oggetti antichi? Opere d'arte!

Ciò che è decisivo nel raccogliere oggetti che attraversano i secoli è anche nel legame strettissimo che gli oggetti assumono tra loro essendo ormai completamente “slegato” delle “funzioni originarie”.

Questo concetto è un po’ difficile di spiegare ma è di immediata evidenza se si pensa al Museo storico delle Comunicazioni (ex Museo delle Poste e Telegrafi).

La pistola dell’ufficiale postale – le telescriventi Olivetti-  il panfilo delle prime trasmissioni di Marconi all’interno del Museo assumono significati nuovi che prescindono -ad es- dalla loro utilità immediata che ormai non hanno più. Si crea cioè, un grandioso tentativo di superare l’irrazionalità della semplice presenza dell’oggetto e ciò che avviene mediante il suo inserimento in un nuovo ordine storico appositamente creato e ormai dotato di proprio autonomo significato slegato dai significati originari: nasce così una collezione.

I raccoglitori degli oggetti presenti nel Museo Storico delle Comunicazioni non hanno fatto altro che rimettere ordine nel mondo raccogliendo gli oggetti e collocandoli secondo una nuova precisa diposizione che rende gli oggetti “una cosa nuova” anche rispetto alla loro funzione ed utilità. Quasi mai l’obiettivo dei raccoglitori è la completezza del museo, per certi versi la completezza nuoce al raccoglitore.

La bellezza del ricercare e raccogliere questi oggetti postali, non sta nello sforzo di raggiungere l’obiettivo ma nel viaggio che si percorre per cercare di farlo e –soprattutto- nel viaggio che si propone al visitatore.

Lo scopo è nella costruzione della collezione e l’avvicendarsi dei raccoglitori fa sì che nel tragitto si susseguono anche diversi gusti e che si corregga più volte il tiro: il raccoglitore sperimenta su di sé l’effetto magico della costruzione del museo e la collezione stessa diventa creazione artistica.

L’idea iniziale, allora, cambia innumerevoli volte senza snaturare i significati intimi della collezione: i valori fondanti dell’attività postale, che sono sia i valori delle donne e uomini che hanno lavorato per consentire a tutti i cittadini di comunicare tar loro nel modo più facile, sicuro e veloce possibile, sia i valori dei cittadini stessi e della società umana, che hanno utilizzato tali strumenti.

Il segreto, però e che via via la collezione degli oggetti acquista una sua autonoma personalità. Non è un accumulo, è una firma, un’opera d’arte che si stacca dalla funzione degli oggetti e dagli stessi raccoglitori che nel tempo hanno scelto, catalogato, ordinato i pezzi del museo. Allora la collezione diventa un’espressione complessa della personalità di chi ha raccolto gli oggetti, ma anche della maturazione e del cambiamento -ad es- della coscienza di una nazione, della sua crescita civile.

Gli oggetti, le opere o i pezzi sono nudi se non raccontano una storia, gli oggetti ci parlano al di là delle intenzioni dei direttori dei musei. La mostra svela sempre un modo intimo di mettere insieme gli oggetti, sono pezzi che raccontano una favola. 

Bisogna saper ascoltare le storie che questi oggetti raccontano, magari sospesi tra est e ovest di Italia o tra ottocento e novecento. 

Diceva un filosofo, Leibniz: “Più grande è la massa delle cose raccolte minore sarà la loro utilità”.

Quindi non conta il numero, la quantità ma piuttosto l’ordine che gli oggetti possiedono.

La nostra fondazione da un contributo a questi significati, attraverso le tante iniziative che trovate via via illustrate nella newsletter.

La collezione del nostro museo, non è altro che la biografia dell’anima delle donne e uomini che si sono accostati alla “Posta”.

La collezione lascia traccia delle loro vite, per inserirle nel gioco del mondo e del tempo,  per costruire un nuovo ordine storico, appositamente creato da noi postali-tutti. 

                                                                                                                                                                                                                                                                                           (Maurizio Di Paolo)  

 

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